film cineseMilano 28 Dicembre - Motore, ciak, azione. Lei lo insegue correndo lungo la romantica via Bagutta; i due discutono sotto le insegne del lusso tra le strade del Quadrilatero della moda; la pace si compie tra un tè caldo e un sake sulla terrazza panoramica dell’Arengario con vista Duomo.
Scene dal grande cinema commerciale cinese che oggi sceglie l’Italia come set a cielo aperto, in un’atmosfera intrisa di mistero, tra riprese in notturna e dettagli sotto embargo, secretata dal sigillo della casa di produzione cinematografica di Hong Kong in trasferta tra Lombardia, Puglia e Toscana. Niente più Luchino Visconti e Pasolini, Milano oggi si offre alla settima arte d’Oriente: solo nell’ultimo biennio, 14 pellicole dell’indiana Bollywood e due kolossal made in China.
Quello girato nelle ultime settimane in città non sarà un «cinepanettone» alla cinese (l’uscita è infatti prevista solo in primavera). Ma, secondo le indiscrezioni, si tratta comunque di uno dei blockbuster asiatici per il 2015: commedia d’amore, di sicuro successo ai botteghini. Tanto da richiedere il massimo riserbo per evitare che le comunità sino-milanesi accorressero in massa alle scene interpretate dei loro attori preferiti costringendo macchina di sicurezza pubblica e troupe a un impegno straordinario e a tempi biblici di girato.
Riprese dunque sempre in segreto, al calar del sole, da via della Spiga alla Galleria Vittorio Emanuele, protette dall’oscurità e anche dal marketing, con un silenzio tombale su nomi dei protagonisti e del regista (che sembra vantare una candidatura all’Oscar). Semisconosciuti nella Penisola, ma celebrità assolute nel mercato interno cinese, che vale oltre un miliardo di persone e incassi da svariati miliardi di renminbi (vale a dire centinaia di milioni di euro o dollari).
Una storia d’amore «italiana» che si conclude all’ombra della cattedrale milanese, agli occhi orientali «un monumento tanto esotico quanto il Taj Mahal per un europeo» come ripetono spesso i produttori asiatici, ormai habitué delle strade del centro città.
Il film verrà proiettato da maggio prossimo sugli schermi da Pechino a Shenzhen, proprio in concomitanza con l’Expo 2015. Una chance di promozione per la città, non solo in termini di marchio ma anche per chi lavora nel cinema, con indotti calcolati intorno agli 11 milioni di euro nel 2014 per 205 pellicole girate.
Perché il «cineturismo» - così viene chiamato - ha ormai numeri interessantissimi che anche le città italiane cercano di sfruttare. Basti pensare al commissario Montalbano che da quando è approdato sulla televisione inglese Bbc ha prodotto un più 20 per cento di visitatori anglosassoni nelle terre del barocco siciliano partiti per vedere l’immaginaria cittadina di Vigata e finiti sparsi tra i capolavori architettonici di Noto e Ragusa Ibla. O alla fiction Elena di Rivombrosa che per un paio d’anni incrementò da duemila a 75 mila le visite al castello ducale di Agliè. Oppure ancora alle produzioni indiane di Bollywood che muovono 14 milioni di fan sulle orme dei protagonisti.
«Lo schema classico delle commedie e delle storie d’amore orientali prevede continui spostamenti poi replicati dagli spettatori appassionati. Un esempio tipico? Lui povero che insegue per il mondo la donna amata, di solito ricchissima o viceversa - spiega Alberto Contri, direttore uscente della Lombardia Film commission, l’ente di Regione, Comune di Milano, fondazione Cariplo e Unioncamere -. Spostamenti che spesso sono dovuti anche ai cachet che le stesse città sono disposte a offrire: ho visto film sulla carta ambientati al mare cambiare trama ed essere girati in montagna solo per ottenere più denaro».
Il ruolo delle agenzie territoriali, dunque, è quello di riuscire a intercettare le pellicole giuste fornendo servizi e supporto logistico con l’obiettivo di un ritorno per tutta l’economia del territorio. «Pellicole come quella cinese - continua Contri - sono occasioni straordinarie non solo per attirare turisti. Ma anche per il product placement delle eccellenze italiane o per l’indotto cittadino. Ormai e attrezzature e maestranze sono sempre scelte direttamente in Italia».
Per ultima voce al capitolo «indotto» c’è lo shopping della troupe: i protagonisti del misterioso film avrebbero speso in via Monte Napoleone la bellezza di 40 mila euro in due ore. Niente a che vedere con cinque documentaristi enogastronomici indiani, capaci di lasciare nel Quadrilatero 600 mila euro in un solo pomeriggio. (Corriere Milano)


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