District 9

Canada New Zealand South Africa United States, 2009

District 9 è un film di fantascienza diretto da Neill Blomkamp e prodotto da Peter Jackson che racconta dello sbarco degli alieni avvenuto circa 20 anni fa a bordo di un'astronave grandissima, pari quasi a dieci campi di calcio. Subito dopo lo sbarco gli alieni iniziano ad accamparsi in alloggi di fortuna, frugando tra i rifiuti e distruggendo i binari ferroviari. Ad un certo punto, quindi, le autorità decidono di accogliere le lamentele delle persone, di intervenire e di confinare gli alieni in un ghetto in Sud Africa. Una compagnia privata chiamata Multi-National United (MNU), inoltre, ha intenzione di sfruttare le armi che finora sono state inutilizzate e per fare questo è necessario il DNA alieno. Da qui iniziano i primi problemi che culminano quando un agente di questa agenzia contrae misteriosamente un virus che comincia a cambiare il suo DNA. L'agente, di nome Wikus, quindi, diventa l'uomo più ricercato e più prezioso del mondo perchè rappresenta l'unico modo per scoprire il segreto della tecnologia aliena. Per sfuggire a tutti l'uomo decide di rifugiarsi nell'unico posto sicuro, il District 9.

Viste le origini sudafricane del regista, era intenzione della produzione di girare DISTRICT 9 a Johannesburg, in Sudafrica. Mentre la storia avrebbe potuto facilmente essere realizzata in qualsiasi metropoli di una nazione in via di sviluppo, soltanto Johannesburg forniva questa sensazione africana unica che Blomkamp conosce bene e da cui è sempre stato ispirato. “Penso che sarebbe incredibilmente difficile replicare altrove quello che c’è a Johannesburg”, sostiene Blomkamp. “Ci sono talmente tanti dettagli visivi qui, come lo sporco, il filo spinato o l’erba. C’è veramente una grande ricchezza visiva. Perché il film funzionasse, ritenevo ci fosse bisogno di questo livello di realismo e di inquinamento”.
L’aumento della criminalità ha stravolto la città negli anni successivi alla partenza di Blomkamp per Vancouver, ma lui ha trovato interessanti questi cambiamenti e li ha inseriti nella sua storia. “E’ diventato una comunità con muri di protezione, filo spinato, recinti elettrici, telecamere a circuito chiuso e tante società di sicurezza private”, sostiene Blomkamp. “I cambiamenti avrebbero potuto rendere Johannesburg una città orribile, ma io invece li trovo visivamente stimolanti e li adoro”.
Per DISTRICT 9, Blomkamp ha dato vita a una visione dura, quasi apocalittica della città. Mentre manteneva gli autentici elementi sudafricani, ha anche creato una Johannesburg fittizia che risulta un luogo assolutamente grigio. Per ottenere questo risultato, i realizzatori hanno girato il film nei mesi secchi invernali. In estate, la zona è bella e verdeggiante, ma il film è stato girato d’inverno per dare alla città l’aspetto di un territorio urbano desolato, con fuochi, cenere ed inquinamento che punteggiavano l’orizzonte.
La location principale utilizzata nel film è quella di Tshiawelo, baraccopoli alla periferia di Soweto. Le persone vivevano nelle baracche da anni e le riprese stavano per cominciare, quando le autorità locali hanno deciso di trasferirle in residenze statali a venti chilometri di distanza, abbattendo così le baracche. La produzione ha acquistato quelle che sono rimaste, ha recintato la zona e ha creato un ambiente controllato in cui girare.
Per lo scenografo Philip Ivey, Tshiawelo e le baracche fornivano una solida base su cui lavorare. “Avevamo tutto, compresi la spazzatura e il ferro polveroso sulle nostre dita”, ricorda Ivey. “Quello che abbiamo fatto è stato comprare le baracche demolite e poi ricostruirle grazie a questo materiale. Questo ci ha risparmiato la ricerca del materiale, ha fornito un aspetto più autentico e ci ha permesso di non sprecare tempo”. Ivey ha anche deciso di coinvolgere come art director Emelia Weavind, che aveva già lavorato nella stessa zona come scenografa della pellicola vincitrice dell’Oscar Il suo nome è Tsotsi.
Le scenografie di Ivey per il film rappresentano un contrasto tra il mondo reale e banale degli esseri umani e quello fantascientifico, eccessivo ed esagerato dei non umani. “Questi due elementi sono spesso in contrapposizione nel film ed è proprio quello di cui tratta la pellicola”, sostiene Blomkamp. “Tutto quello che abbiamo costruito proviene da queste riflessioni”.
Tra il mondo ordinario degli umani e quello bizzarro dei non umani si colloca la tana di Obesandjo. Il personaggio è un re della malavita nigeriana, l’unico legame per i non umani con il contrabbando, ma non è assolutamente benevolo. La sua dimora ha uno stile unico, che rappresenta una moltitudine di diverse influenze africane. Qui Ivey e la Weavind hanno creato un set a diversi livelli che è affascinante ma anche spietato. “Questo spazio ha molti scopi”, spiega la Weavind. “E’ un bar, una macelleria e un negozio di parti di veicoli a motore, oltre che un luogo dove si pratica la medicina tradizionale e in cui un sangoma (un guaritore Zulu) pratica dei rituali. Lo abbiamo ideato e arredato in modo tale che in ogni parte ci sia qualcosa di interessante da vedere, dalle ossa animali ai barattoli con le creature morte, fino alle scatole di munizioni”.
A parte l’ambiente duro e polveroso di Soweto, Ivey ha costruito diversi set in studio. Ad esempio il Laboratorio segreto medico della MNU, che si trova all’interno del quartier generale dell’azienda. Quando una location ospedaliera è venuta meno, i realizzatori hanno deciso di costruire il laboratorio da zero. “Abbiamo preso un’architettura ingombrante e abbiamo fornito la sensazione di un seminterrato”, sostiene Ivey. “Desideravamo che fosse claustrofobico, come se si chiudesse intorno a Wikus. Doveva assolutamente essere un ambiente minaccioso. Abbiamo inserito delle luci fluorescenti per dare una sensazione fredda e sterile, mentre abbiamo dipinto di verde le pareti, che così non si intonavano bene con la carnagione di nessuno”.
Il Supervisore degli effetti sul set della WETA Joe Dunckley fa notare che, considerando che i non umani sono arrivati sulla Terra più di vent’anni prima dell’inizio del film, significa che la tecnologia aliena deve essere in circolazione da almeno altrettanto tempo. “Una delle sfide era quella di fornire una sensazione convincente a ogni cosa”, sostiene Dunckley. “Abbiamo utilizzato una combinazione di vapore di lacca e acqua, che provoca una reazione e fornisce una sensazione di ruggine e invecchiamento”.


Location reali  Fotogrammi dal film

Soweto

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Soweto 2 District 9

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