la componente scenografica del film di Pasquale Festa Campanile "Qua la Mano" ha caratterizzato la piazza di Settala per decenni

di Maurizio Zanoni

Siamo abituati a confrontarci con una qualsivoglia rappresentazione cinematografica accogliendo implicitamente, e senza alcuna inibizione in merito alla sua veridicità, l'azione che si sviluppa nell'universo riprodotto sullo schermo. Un tacito accordo, non scritto, la cui clausola più rimarchevole prevede che la proiezione, alla quale si sta assistendo, sia in tutto e per tutto assimilabile al reale. Cosicché il dispositivo cinematografico costringa sostanzialmente lo spettatore a calarsi in una particolare situazione percettiva in cui al raziocinio e alla consapevolezza della natura irreale rappresentata, venga anteposta una percezione emozionale profondamente reale e riconosciuta come tale. In altre parole, si assiste a una catarsi dal quotidiano avvalorando per vero ciò che normalmente rientra nel campo dell'onirico, fintanto che le luci non si riappropriano della sale e dissolvono l'"incantesimo cinematografico". Eppure certe sensazioni, in taluni casi, permangono tanto da assumere una connotazione che diventa tangibile anche dietro la macchina da presa, riversandosi nella realtà. Le forme sono dissimili e variegate: in questo elaborato verrà preso in esame il caso di Settala. Il paese in questione, localizzato nel suburbio milanese, nel 1979 è stato oggetto delle riprese della pellicola "Qua la mano", episodio "Il prete ballerino", uscita poi l'anno successivo (1980).

Qua-la-mano-LocandinaL'aspetto peculiare di questo film insiste nella sua registrazione poiché per la stessa il prolifico cineasta italiano Pasquale Festa Campanile fece ridipingere i muri delle abitazioni racchiuse nella piazza Vittorio Veneto, su cui svetta la chiesa e il relativo sagrato. Le abituali tinte murarie lasciarono pertanto spazio ad alberi stilizzati, componente scenografico fondamentale che contestualizzava la narrazione. E neppure metaforicamente: gli abbozzi raffiguravano quel verde tanto sospirato che tuttavia scarseggiava in paese e che in un secondo tempo sarebbe addirittura venuto meno, scomparendo del tutto. A trovare rimedio a questa "spoglia" circostanza - neanche a dirlo - fu il parroco locale Don Fulgenzio (Adriano Celentano) che, dopo aver mantenuta segreta per diverso tempo la passione per il ballo, partecipò per il bene del paese a un concorso danzante, in coppia con l'affascinante Rossana (Lilli Carati), il cui premio finale consisteva appunto nella piantumazione di alberi. Logicamente il ritmo del "molleggiato" prevalse sugli avversari e materializzò nel Comune guidato dal sindaco Guido Battaglini (Renzo Montagnani) quello che fino ad allora era rimasto soltanto bramato, o meglio disegnato. Sono proprio le pareti, ridipinte per esigenze scenografiche, una volta riposte le macchine da presa, ad essere portatrici della testimonianza di ciò che avvenne nel mondo parallelo della finzione, che riuscì a penetrare nella realtà. Sembrerebbe infatti che la popolazione decise di lasciare impressi i graffiti. Qua la mano Resti dei graffitiPer anni, quindi, il cuore di Settala portò il marchio del film che ne caratterizzò inconfutabilmente il profilo. Un dipinto perimetrale, forse un po' grossolano, che copriva i lati della piazza e che assurgeva per certi versi - forse - a un'unione comunitaria. Un ventennio circa ove il film firmato da Festa Campanile, certamente non eccezionale, seppur piacevole, ammantava l'atmosfera cittadina.

Dopodiché arrivò il processo urbanistico che mise mano alle strutture, ben descritto da un articolo del Corriere della Sera, dell'aprile 2001, a firma di Barbara Sanaldi: «Più di vent'anni dopo, con gli alberi disegnati sui muri che ancora resistono pur se sbiaditi e in parte cancellati, piazza Vittorio Veneto diventerà come quel parroco con il pallino del verde l'aveva in fondo sognata: via le auto, nuove piante a fare un po' d'ombra, una fontana al centro per trasformarsi nel "salotto di Settala". Cambierà volto così la piazza che nel 1979 fu scelta per ambientarvi uno dei due episodi del film di Festa Campanile e che, proprio per esigenze sceniche, vide la "nascita" dei colorati murales». In questo senso il progetto di ristrutturazione "disboscò" le facciate delle case e restituì loro nuance più consone, nonostante al giorno d'oggi (anno 2012) sia tutt'ora presente qualche "resto", a deporre per il tempo che fu. La potenza filmica della pellicola non si è però esaurita, e ha proseguito il suo percorso nella dimensione realista in antinomia con il destino cinematografico, senza dubbio poco raggiante e duraturo.

Qua la mano Bar bistrotL'evoluzione ha perciò portato a un ulteriore step: nel marzo del 2010, in ricordo e onore della pellicola, ha aperto il bar bistrot "Qua la mano". «La scelta del nome - raccontano i responsabili - è ricaduta sulla valorizzazione di quel poco di noto che il paese ha avuto», ossia il celebre film del quale, rivelano, hanno potuto altresì recuperare la locandina originale direttamente dalla casa produttrice e che fa di sé bella mostra all'interno dei locali. Dunque una trasposizione nel puro realismo, partendo inizialmente da un'opera cinematografica che per prassi appartiene al sogno e alla fantasia. L'incidenza perciò non è di poco conto. Comunque, non è stato sicuramente il primo né sarà l'ultimo esempio di quanto il cinema influisca nella vita di tutti i giorni, ad ogni modo la sua distintiva raffigurazione lo rende quantomeno atipico, singolare e di conseguenza degno di nota.


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